Sindrome dell’impostore: perché sono le donne a soffrirne di più
Si sa, le donne sono ottime candidate per la sindrome dell’impostore. Le cause però non hanno niente a che vedere con l’eccesso di sensibilità attribuito al gentil sesso
Alle donne risulta difficile credere di essere abbastanza brave in quello che fanno, anche quando hanno successo. Tendono a mettersi in dubbio tanto i premi Oscar come Charlize Theron e Lupita Nyong’o che le donne di potere come l’ex-First Lady Michelle Obama, rassicurando le comuni mortali di non essere le uniche a fare i conti con la sindrome dell’impostore. L’ultima in ordine di tempo a rilasciare un’intervista sul tema è stata Miriam Leone. Ricercatissima dai registi, con tanti film nuovi in uscita, si è lasciata sfuggire: «Vivo perennemente la sindrome dell’impostore e mi chiedo: sarò all’altezza?». E la sua intervistatrice, la scrittrice Stefania Auci, da mesi al top delle classifiche di vendita con I Leoni di Sicilia, le confessa di trovarsi nella stessa situazione.
Chi ne soffre convive con l’eterno dubbio di non essere davvero capace, brillante o meritevole, ma di avere in qualche modo imbrogliato. Qualcuno prima o poi se ne accorgerà, anzi, meglio confessare.
Insicurezza e vecchi stereotipi
Una tendenza a svalutarsi che viene spesso attribuita alla natura femminile, anche in ambito accademico. Lo dimostra il recente scivolone dello storico Alessandro Barbero, che candidamente si chiede se le donne non manchino “di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiuta ad affermarsi” per via di misteriose ragioni strutturali tra i sessi. La ricerca suggerisce piuttosto che a esacerbare le insicurezze siano vecchi stereotipi e un mondo del lavoro ancora troppo sbilanciato al maschile.
Un cane che si morde la coda
La mancanza di modelli di riferimento incide più della timidezza. Se la maggior parte dei dirigenti sono uomini e si somigliano tutti, stupisce davvero che a essere più a rischio di sviluppare la sindrome dell’impostore siano le donne, le minoranze etniche e i membri della comunità LGBT+? Intervistato dalla BBC, lo psicologo Richard Orbé-Austin fa notare come questo sentimento di inadeguatezza porti a seguire traiettorie di carriera al ribasso rispetto alle proprie capacità. Cercare opportunità migliori significa esporsi al rischio di essere “sbugiardati”; l’eccessivo perfezionismo di chi teme il più piccolo errore rende meno efficienti. Molto meglio farsi da parte, lasciando che al vertice ci arrivi chi è sicuro di sé.
All’ombra del Genio
Non solo si sminuiscono le proprie competenze, ma si fatica a credere di poter avere quel talento naturale necessario per fare carriera in ambiti che privilegiano l’intelligenza. Lo conferma un recente studio pubblicato sul Journal of Educational Psychology: in ambito accademico, a essere più suscettibili alla sindrome dell’impostore sono le donne e i più giovani, specialmente in quelle discipline in cui viene esaltato il puro genio. Pensate a Leonardo da Vinci, o magari ad Aristotele. Proprio come Dio e Babbo Natale, erano uomini con la barba bianca. Non a caso la sindrome dell’impostore colpisce in misura maggiore le donne nere, native americane, polinesiane e ispaniche, alle prese con i vecchi stereotipi razzisti sull’intelligenza oltre che con il sessismo.
Cambiare la narrativa
E se la diagnosi di sindrome dell’impostore fosse distribuita con troppa leggerezza? In un articolo pubblicato sull’Harvard Business Review, Ruchika Tulshyan e Jodi-Ann Burey sostengono che sia l’ora di smetterla di dire alle donne che dovrebbero avere più fiducia in loro stesse. Se infatti si tiene conto dei tanti modi in cui le nostre vite sono condizionate dagli effetti sistemici di razzismo, xenofobia e classismo, ecco che risulta più difficile farne una questione di fragilità individuale. Piuttosto, ribadiscono le autrici, dovremmo indagare più a fondo quelle dinamiche che fanno sì che alcune persone debbano faticare il doppio per essere prese sul serio.
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