Papillomavirus: non trascurare lo screening
La prevenzione contro l'HPV è fondamentale. Oggi è sempre più mirata e sicura, e cambia in base all'età
La sigla HPV, Human Papillomavirus, identifica un virus con cui è destinata a fare i conti la maggioranza della popolazione femminile e maschile sessualmente attiva. Si tratta di un’infezione molto diffusa e comune. Non ci sarebbe da allarmarsi se si considera che la presenza nel corpo di questo virus non sempre porta allo sviluppo di lesioni maligne, che ormai abbiamo a disposizione un vaccino di provata efficacia e sicurezza e che una diagnosi precoce è in grado di escludere il rischio di esiti infausti. Eppure ad oggi in Italia l’incidenza dei tumori invasivi, cioè a uno stadio avanzato, del collo dell’utero è ancora di circa 6 casi ogni centomila donne per anno.
In genere tutti i nuovi casi di tumore diagnosticato quando già presente si verificano in soggetti che non hanno mai fatto uno screening o che ne hanno trascurato la corretta esecuzione in termini di intervalli dei controlli.
Questo dimostra quanto sia importante aderire correttamente ai programmi di prevenzione. Con uno screening adeguato, il tumore alla cervice uterina praticamente non esisterebbe.
I test a disposizione
Lo screening per l’HPV fino a pochissimi anni fa è stato incentrato sul Pap-test, un esame che ha rivoluzionato completamente lo scenario dei tumori del collo dell’utero e che ha sempre funzionato bene. Ma oggi disponiamo di uno strumento ancora più efficace e vincente che ha fatto fare allo screening un salto di qualità. Si tratta dell’HPV DNA test, che identifica la presenza del DNA del virus, un’indagine molecolare molto sensibile mirata a identificare le infezioni da HPV. Entrambi i test, facili da eseguire e completamente indolori, si eseguono prelevando un campione di cellule dal collo dell’utero ma con una fondamentale differenza. Il Pap-test identifica le cellule che hanno iniziato a trasformarsi quindi è un esame citologico di diagnosi precoce mentre l’HPV DNA test rileva se è presente la causa che porterà a sviluppare potenzialmente una patologia quindi interviene molto prima che si trasformino le cellule e identifica il cosiddetto “soggetto a rischio”.
I falsi negativi
Questo significa avere la possibilità di monitorare nel tempo, con degli interventi diagnostici mirati a intervalli precisi, solo chi risulta positivo al Papillomavirus. Un Pap-test con esito negativo tranquillizza ma richiede comunque di essere ripetuto ogni 2 o 3 anni a causa di una piccola quota di “falsi negativi”. Può accadere, infatti, anche se è raro, che il Pap-test non raggiunga il target e non riesca a identificare la presenza di cellule anomale. Se l’HPV test è negativo, invece, siamo sicuri al 99,8% che il virus non c’è. Non sarà quindi necessario eseguire controlli a cadenza ravvicinata.
Le linee guida internazionali
Come da linee guida internazionali e secondo il nuovo paradigma, a 25 anni ci si sottopone al primo Pap-test e a una visita ginecologica, che andrebbe ripetuta con cadenza annuale. Tra i 25 e i 30 anni si fa un Pap-test ogni 2-3 anni. Dai 30 anni in poi questo esame è sostituito dall’HPV DNA test mentre il Pap-test è riservato alle pazienti HPV positive.
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