Giornata per la prevenzione degli sprechi alimentari. Siamo sulla buona strada ma bisogna impegnarsi di più
Ogni anno buttiamo via circa 65 kg di cibo pro capite, contro una media europea di 58 kg. La Giornata contro gli sprechi alimentari è l'occasione per rivedere le proprie abitudini
Quando facciamo la spesa non facciamo sempre caso a quello che mettiamo nel carrello. E anche a casa, le pulizie di emergenza di frigo e dispensa ci mettono sempre un po’ in imbarazzo. Patate lasciate a germogliare perché non avevamo voglia di pelarle, barattolini di yogurt di cui ci eravamo completamente dimenticati, il limone che avevamo comprato per una torta e che ora languisce in un angolo con uno strato di muffa… piccoli crimini contro l’ambiente che durante il lockdown abbiamo imparato a contenere, pianificando i pasti e facendo più attenzione alle date di scadenza. La nostra media però è ancora troppo alta, con 65 kg di cibo a testa che finiscono nella spazzatura ogni anno.
È quello che emerge dal Food Sustainability Index, indice realizzato da Fondazione Barilla e The Economist Intelligence Unit per offrire una fotografia dettagliata delle nostre pratiche alimentari in occasione del 5 febbraio, ottava edizione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
Perché è importante
Ridurre lo spreco non è solo una questione etica, ma anche economica. Lo spreco ci costa 10 miliardi di euro, ovvero quasi 5 euro a famiglia ogni settimana. La nota positiva è che la nostra media, per quanto ancora troppo alta, è in riduzione grazie alle pratiche anti-spreco che abbiamo adottato nel 2020. La pandemia ci ha costretti a cambiare molti aspetti del nostro stile di vita, ma non tutti questi cambiamenti sono negativi. In parte ha contribuito anche la maggiore sensibilità dei nostri connazionali verso temi come l’ecosostenibilità, cruciale per la lotta al cambiamento climatico. Lo spreco alimentare rappresenta infatti il 6% delle emissioni totali di gas serra dell’Unione Europea, con un costo di 143 miliardi di euro che dipende in gran parte dallo spreco domestico.
Le note positive
«Secondo un recente studio, il 53% dei rifiuti è attribuibile ai consumi domestici: sprechiamo principalmente verdura, frutta e cereali» spiega Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla. «I dati disponibili che abbiamo analizzato e messo a sistema, però, parlano di un’Italia che sta facendo passi incoraggianti nella lotta allo spreco. Ci mostrano che quanto fatto finora da tutti sta portando i suoi frutti e ci invogliano a continuare a migliorarci verso una direzione più sostenibile. La consapevolezza della connessione fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo, sta crescendo sempre di più tra i nostri connazionali e sta influenzando il modo di approcciarci al cibo. Alcuni dei grandi appuntamenti internazionali del 2021, primo tra tutti il Food Systems Summit delle Nazioni Unite, rappresentano i momenti fondamentali per accendere l’attenzione di tutti verso sistemi alimentari più sostenibili, che includono la lotta allo spreco, fondamentale per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dall’Agenda 2030».
Come se la cavano i nostri vicini?
La Finlandia risulta ancora il paese più virtuoso riguardo le perdite lungo la filiera di produzione, con meno dell’1% di cibo perso a fronte di una media europea del 3% (che sale a 5% per i paesi ad alto reddito), ma anche la nostra media è in riduzione, assestandosi intorno al 2% del cibo prodotto. Nello scenario attuale la media peggiore è quella del Belgio, che ogni anno spreca 87 kg di cibo pro capite, mentre la migliore è quella di Cipro, con una media di 36 kg.
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