Angiografia
L’angiografia, dal greco “angeion” che vuol dire “vaso” e “graphein” che significa scrivere (cioè rappresentare graficamente), è l’indagine che permette di visualizzare i vasi sanguigni dei vari distretti del corpo. È un esame radiologico, che si avvale cioè dell’utilizzo dei raggi X e che richiede l’impiego di un mezzo di contrasto radio-opaco.
A cosa serve
L’indagine consente di studiare i vasi sanguigni per scoprirne eventuali alterazioni, per esempio un restringimento del loro lume, che possono ripercuotersi sulla salute degli organi.
Può essere eseguita su vari distretti del corpo: il rene, il cuore, o le gambe (angiografia periferica), per valutare l’afflusso del sangue nella zona, oppure può essere condotta per scoprire quale vaso sanguigno è responsabile di un eventuale sanguinamento interno di cui non si comprende l’origine, per poi provvedere a chiuderlo.
È un esame a cui si ricorre anche in ambito oncologico, per studiare la vascolarizzazione dei tumori, cioè come è costituita la rete di vasi sanguigni che provvedono a irrorarli di sangue e quindi a nutrirli.
Chi non può farla
È vietata alle donne in gravidanza, in quanto impiega radiazioni e mezzo di contrasto, entrambi potenzialmente pericolosi per il bambino.
Come si svolge
Dopo aver indossato un camice fornito dalla struttura sanitaria, il paziente deve sdraiarsi su un lettino. Il medico disinfetta la zona dove si dovrà entrare con il catetere, creando un campo sterile.
Di solito, le zone di inserimento sono l’inguine, la piega del gomito o il polso, a seconda di cosa bisogna andare a studiare.
Si applica poi una piccola quantità di anestetico locale (in spray o in gel) nel punto di inserimento del catetere, attraverso cui viene mandato in circolo il mezzo di contrasto. Si tratta di una sostanza a base di iodio che, ai raggi X, appare opaca e rende i vasi sanguigni visibili esattamente come, in una radiografia, lo sono le ossa.
L’operatore, mediante una siringa, immette nel catetere il liquido di contrasto che in breve raggiunge il distretto su cui si vuole indagare (per esempio, i reni).
Quanto dura
L’esame si protrae da circa mezz’ora a un massimo di due ore.
Provoca fastidio?
L’inserimento del catetere non produce fastidio, grazie all’anestetico locale.
È invece possibile avvertire una (breve) sensazione spiacevole di calore e lieve bruciore nel momento in cui il mezzo di contrasto entra nel sangue. Può anche manifestarsi una leggera nausea o si può avvertire un sapore amarognolo in bocca.
Come prepararsi
Si deve stare a digiuno a partire da otto ore prima dell’esecuzione dell’esame. Si può invece bere acqua (non caffè, non bibite zuccherate). Bisogna chiedere al medico se si deve sospendere l’eventuale assunzione di medicine, anche se di norma non è necessario.
In ogni caso, qualunque cura a base di farmaci va segnalata (come prima di qualsiasi indagine). Prima dell’esame bisogna togliersi orologio, orecchini, collanine e si deve fare pipì.
Cosa fare dopo
Al termine dell’esame, la persona è tenuta in osservazione per qualche ora. A volte si ritiene necessario un ricovero in ospedale per la notte.
Se si torna a casa (come avviene nella maggior parte dei casi) si deve stare a riposo per 24 ore, trascorse le quali si possono riprendere le normali attività. È sconsigliato tornare a casa guidando personalmente l’auto.
La coronarografia o angiografia coronarica
La coronarografia è l’angiografia che studia le coronarie, cioè le arterie che irrorano il cuore. Si chiama infatti anche “angiografia coronarica”.
Lo scopo della coronarografia è di scoprire eventuali restringimenti e occlusioni delle arterie coronarie. Richiede un giorno di ricovero.
Le altre arterie su cui si indaga più di frequente sono le carotidi (che portano il sangue al cervello) e le arterie renali.