I tumori maschili
I tumori che riguardano l’apparato genitale maschile interessano con più frequenza la prostata e i testicoli.
Il tumore della prostata colpisce di preferenza i soggetti oltre i 50 anni mentre quello dei testicoli spesso interessa uomini giovani.
In entrambi i casi la diagnosi precoce salva la vita. Vediamo le caratteristiche di entrambi e quali sono i segnali che possono denunciarne la presenza.
IL TUMORE DELLA PROSTATA
Il cancro della prostata è il tumore più frequente nella popolazione maschile, in particolare nella fascia di età superiore ai 50 anni, e rappresenta circa il 15 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo.
I nuovi casi all’anno sono numerosi, più di 30mila circa in Italia, però il rischio che la malattia abbia conseguenze irreparabili è basso se si interviene in tempo.
I fattori di rischio
L’età è il primo fattore predisponente: circa il 60 per cento degli uomini oltre gli 80 anni lo sviluppa, nella maggior parte dei casi senza arrivare a scoprirlo in quanto asintomatico.
I principali fattori che lo favoriscono sono: familiarità, sovrappeso, alimentazione ricca di grassi animali, abuso di alcol, vita sedentaria.
Grazie alla diagnosi precoce e alle tante opzioni terapeutiche di cui oggi si dispone, il 90 per cento degli uomini è vivo dopo cinque anni dalla diagnosi. La percentuale è altissima, soprattutto alla luce del fatto che questo tumore riguarda prevalentemente uomini anziani.
I sintomi
All’inizio il tumore è asintomatico, quindi si può scoprire solo attraverso la visita urologica ed eventualmente il test del Psa e la successiva biopsia.
Negli stadi avanzati possono comparire sintomi simili a quelli dell’iperplasia prostatica, come la difficoltà a urinare.
In più, si può associare la presenza di sangue nelle urine e nel liquido seminale. In ogni caso, qualsiasi sintomo legato alla minzione deve indurre a rivolgersi al più presto al medico.
La diagnosi
Il Psa, acronimo che sta per “antigene prostatico specifico”, è una sostanza prodotta dalla prostata, si trova normalmente nel sangue anche in assenza di problemi ed è il principale marcatore per la diagnosi di malattie tumorali della prostata.
Per scoprirne il valore basta un esame del sangue. Se è in quantità superiori rispetto al valore normale non esprime con sicurezza la presenza di un tumore, però suggerisce di effettuare indagini più approfondite per verificare questa eventualità.
L’impiego del Psa a scopo di screening, cioè indiscriminatamente su tutta la popolazione maschile, è controverso perché il suo valore potrebbe aumentare anche per altre cause, comprese l’ipertrofia prostatica benigna e la prostatite. Di conseguenza, può suggerire di eseguire controlli approfonditi anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
Oggi quindi è più opportuno che sia l’urologo a decidere quando prescriverlo.
Spesso lo si consiglia dopo la visita urologica, attraverso cui lo specialista valuta le condizioni della prostata e quindi stabilisce se c’è la necessità di effettuare controlli più approfonditi.
L’unico mezzo per avere una diagnosi certa di tumore alla prostata è la biopsia, che si esegue dopo aver prelevato un frammento di tessuto prostatico.
Per stabilire se è opportuno fare la biopsia a volte si ricorre alla risonanza magnetica. Il prelievo del tessuto per effettuare la biopsia può essere eseguito anche in regime ambulatoriale.
Le cure
I trattamenti per controllare un tumore della prostata sono molti. La scelta della cura più adatta spetta all’urologo che decide in base al singolo caso e allo stadio in cui si trova il tumore, che coincide con la sua gravità.
Tra le opzioni terapeutiche c’è l’asportazione chirurgica della prostata (prostatectomia radicale), che si effettua quando la malattia è circoscritta all’organo e non ha ancora prodotto metastasi (cioè il tumore non si è ancora diffuso in altri distretti del corpo).
Questo intervento viene oggi spesso effettuato in laparoscopia (solo con poche piccole incisioni) o con l’ausilio di un robot chirurgico.
In altri casi il tumore viene trattato con la radioterapia e una cura ormonale, a base di ormoni che contrastano il testosterone, il quale agisce stimolando la crescita e l’aggressività del tumore.
Altre opzioni terapeutiche sono ancora in fase di studio: tra queste la crioterapia, che eradica il tumore usando il freddo e i farmaci anti-angiogenici, che impediscono alle cellule tumorali di ricevere nutrimento e ossigeno dal sangue.
IL TUMORE DEI TESTICOLI
Il tumore del testicolo è la forma di cancro più comune tra i maschi giovani. Colpisce infatti con maggiore frequenza la fascia di età compresa tra i 15 e i 35 anni.
Dopo i 50 anni l’incidenza si riduce del 90 per cento, ma è comunque possibile che possano svilupparlo anche uomini adulti o anziani.
In Italia, vengono diagnosticati ogni anno circa mille nuovi casi che perlopiù interessano un solo testicolo.
Il tumore può colpire le cellule preposte alla formazione degli spermatozoi oppure le altre. Nel primo caso si parla di seminoma, nel secondo di non seminoma.
I fattori di rischio
Uno dei fattori di rischio è il criptorchidismo, comunemente detto testicolo ritenuto. Si tratta di un’anomalia che interessa circa l’uno per cento dei neonati e in presenza della quale uno o entrambi i testicoli anziché trovarsi nello scroto (o scendervi entro l’anno di vita) sono situati nel canale inguinale o, addirittura, nell’addome.
Il criptorchidismo viene sempre individuato nel primo anno di vita, con le visite pediatriche e, in genere, viene corretto, entro il terzo anno di vita, con un intervento chirurgico volto a collocare il testicolo nella sua sede naturale.
Anche se trattato chirurgicamente in età infantile, l’adolescente nato con criptorchidismo viene considerato a rischio, poiché le statistiche confermano che il cancro del testicolo è più frequente tra i giovani maschi colpiti dall’anomalia, anche se sottoposti all’operazione. Inoltre, chi sviluppa il tumore a un testicolo è più a rischio degli altri di essere nuovamente colpito dalla malattia.
I sintomi
Inizialmente il tumore al testicolo può essere asintomatico e questo lo rende particolarmente subdolo.
Può manifestarsi solo con gonfiore locale, non associato a fastidio (ecco perché è importante l’autopalpazione, che permette di rilevare l’eventuale presenza di gonfiori) oppure con una sensazione di peso nella zona dello scroto.
Può dare ginecomastia, cioè ingrossamento della ghiandola mammaria, stanchezza, perdita di peso, mal di schiena.
La diagnosi
A fronte di questi sintomi, il medico prescrive un’ecografia dello scroto e l’esame del sangue per la ricerca di alcuni marcatori tumorali (per esempio, alfa-fetoproteina) che possono esprimere la presenza del tumore.
Le cure
Nella maggior parte dei casi, è necessario asportare chirurgicamente il testicolo (orchifunicolectomia).
È possibile che venga effettuato un intervento chirurgico solo per osservare direttamente il testicolo e che proprio durante l’operazione il chirurgo decida per l’asportazione.
Il tipo di tumore (e quindi la sua aggressività) e il sospetto di metastasi ai linfonodi o ad altri organi del corpo sono i parametri per decidere se è necessario procedere con altre cure dopo l’intervento e con quale frequenza effettuare le visite di controllo successive.
La prevenzione: l’autopalpazione dei testicoli
Così come si raccomanda alle donne di effettuare l’autopalpazione delle mammelle per individuare l’eventuale presenza di noduli, è importante che i giovani maschi imparino a eseguire l’autopalpazione dei testicoli, allo scopo di individuare tempestivamente anomalie da segnalare al medico.
Negli Stati Uniti i programmi sanitari attuati nelle scuole medie prevedono l’insegnamento dell’autopalpazione dei testicoli ai ragazzi di 11-12 anni. Di seguito, sono indicati tutti i passaggi da effettuare, secondo le raccomandazioni del National Cancer Institute degli Stati Uniti.
Chi la deve fare e quando
L’autopalpazione dei testicoli dovrebbe essere effettuata da tutti i maschi a partire dagli 11-12 anni di età: una volta al mese fino a 50 anni, se sussistono fattori di rischio; due volte all’anno fino a 40 anni, se non ci sono fattori di rischio.
Come procedere
L’autopalpazione va effettuata dopo un bagno o una doccia caldi, perché i testicoli devono essere scesi nello scroto.
– In piedi, mettersi davanti a uno specchio e osservare i testicoli al fine escludere la presenza di gonfiori, aumenti di volume anomali o particolari asimmetrie mai rilevate prima.
– Palpare poi con ragionevole decisione ciascun testicolo, facendolo scorrere tra il pollice e l’indice di entrambi le mani allo scopo di escludere la presenza di noduli o masse, anomalie superficiali, sporgenze.
– Il movimento con cui si esplora il testicolo deve essere rotatorio e leggero (non deve provocare alcun fastidio).
Cosa fare se si trova “qualcosa”
Lo scopo dell’autoesame è individuare precocemente un nodulo o una tumefazione, che in genere si formano subdolamente, cioè senza essere accompagnati da alcun sintomo. Qualsiasi cambiamento rilevato durante l’autopalpazione deve essere sottoposto immediatamente all’attenzione del medico di famiglia o dell’urologo.
Per non spaventarsi senza che ve ne sia ragione, si deve sapere che lungo la superficie posteriore del testicolo si trova l’epididimo (porzione iniziale delle vie spermatiche) che si avverte al tatto come un cordoncino.
Da sapere: non solo tumore
Mentre la comparsa di un nodulo o di una massa a carico del testicolo nella maggior parte dei casi è il segnale di un tumore (non necessariamente maligno), l’aumento di volume del testicolo, o comunque dello scroto, potrebbe essere dovuto anche ad altre cause, tra cui le più frequenti sono:
– l ‘idrocele, che è un processo patologico in presenza del quale nello scroto si raccoglie una certa quantità di liquido sieroso;
– l’epididimite, che è l’infiammazione dell’epidimo, quasi sempre causata da batteri;
– l’orchite, un’infiammazione dei testicoli che può essere causata da germi provenienti dalle vie urinarie oppure insorgere come complicanza della parotite.