14/09/2020

Creatività: risvegliala con la musica

Veronica Colella Pubblicato il 14/09/2020 Aggiornato il 14/09/2020

La musica può rivelarsi molto utile quando la mente ha bisogno di superare i momenti di impasse e deve essere lasciata libera di vagare

Portrait of outstanding blonde girl trying to sketch green and young sprout on paper. Gorgeous female holding pencil in order to draw precious picture. Arts and crafts concept

Le muse sono divinità capricciose. A volte ci abbandonano sul più bello, lasciandoci in balia della sindrome del foglio bianco che colpisce creativi e innovatori. In questi momenti di impasse non c’è tisana o olio essenziale che tenga, ma un sottofondo musicale potrebbe fare la differenza.

Alcuni ricercatori sostengono infatti che ascoltare la musica giusta sia la chiave per stimolare il pensiero divergente, ovvero la capacità di pensare fuori dagli schemi dimenticando le convenzioni.

Pensiero divergente e pensiero convergente

Forse non avremo tutti il genio di Mozart, ma l’originalità fa parte delle nostre normali funzioni cognitive. Lo sostengono Simone Ritter e Sam Ferguson, autori di uno studio pubblicato su PLOS One, convinti che la creatività si possa ottimizzare quanto e come le altre competenze. A prescindere dalle inclinazioni personali e dal talento, i processi mentali coinvolti nell’esercizio della creatività sono gli stessi per tutti. Da un lato c’è il pensiero convergente, tutto logica e rigore, che attinge alle nostre conoscenze pregresse per trovare la risposta più corretta ed efficace a una domanda o a un problema di natura pratica, dall’altro il pensiero divergente, alimentato invece da fluidità e flessibilità, che si occupa di trovare connessioni tra elementi apparentemente distanti o di utilizzare le informazioni a disposizione per giungere a conclusioni inattese, immaginifiche e originali.

Allegra, dinamica e positiva

Per determinare quale sottofondo sia più adatto a stimolare la creatività, i ricercatori hanno suddiviso i partecipanti in gruppi scegliendo per ognuno un’atmosfera diversa: calma, allegra, triste o ansiosa. Brani di musica classica selezionati in base alla valenza emotiva e all’eccitazione in grado di suscitare sono stati fatti ascoltare a studenti impegnati in una serie di test, mentre un quinto gruppo ha svolto le stesse prove in silenzio. Chi ha ottenuto i risultati migliori in termini di pensiero divergente ha ascoltato musica allegra e vivace, in grado di invogliare all’esplorazione di nuove strategie. Le capacità collegate al pensiero convergente, invece, non sembrano essere state influenzate dalla musica. Ricorrere alla Primavera di Vivaldi in caso di emergenza non aiuta quindi a trovare la risposta giusta, ma solo a inventarne di nuove quando si ha bisogno di svecchiare il proprio repertorio.

Quando è meglio il silenzio

Prima di mettervi le cuffie, è importante capire quali sono le vostre necessità. Nelle prime fasi del lavoro creativo, quando si utilizzano le capacità di problem solving per scartare le opzioni più scontate, potrebbe essere meglio lasciar perdere e continuare a concentrarsi in religioso silenzio. È quello che sostengono gli autori di un altro studio, questa volta pubblicato sulla rivista Applied Cognitive Psychology, convinti che la musica possa trasformarsi da alleata in elemento di disturbo. Il rischio non è tanto quello di distrarsi canticchiando, quanto di compromettere il processo di insight, ovvero quel lampo di comprensione improvvisa in cui anche il problema più intricato trova la sua soluzione. Potete tornare a riaccendere la musica nei momenti di pausa, quando la mente ha bisogno di ricaricarsi e di vagare, o per risollevare l’umore allontanando ansia e frustrazione.