Il reflusso gastroesofageo
Si tratta di un disturbo che riguarda l’apparato gastrointestinale, e in particolare lo stomaco e l’esofago, ma che coinvolge anche la laringe e l’orofaringe. Ecco perché fa parte dei problemi che affliggono la gola.
Che cosa è
Per reflusso gastroesofageo si intende il passaggio nell’esofago del contenuto dello stomaco. Un episodio può capitare a tutti, per esempio dopo un pasto abbondante. Quando, però, il problema si presenta con una certa frequenza e intensità allora diventa una malattia vera e propria.
Il contenuto dello stomaco è tendenzialmente acido, anche se talvolta può essere alcalino (quando contiene della bile, a sua volta refluita dal duodeno). In ogni caso, ciò che refluisce ha un’azione irritante sulla mucosa dell’esofago: infatti, non si tratta dell’organo deputato a ospitare questo “materiale” e, dunque, ha caratteristiche incompatibili con esso.
Di conseguenza, a lungo andare l’esofago può andare incontro a una serie di alterazioni: se non si interviene nel modo corretto, prima compaiono infiammazioni, poi erosioni o ulcere e, infine, anche alterazioni della differenziazione cellulare (metaplasia).
Le cause
Il reflusso può dipendere da uno o più fattori. La maggioranza delle persone presenta una predisposizione anatomica: in pratica, lo stomaco, l’esofago e il cardias hanno una conformazione particolare che favorisce la risalita del contenuto dello stomaco.
Spesso, poi, subentrano un mal funzionamento del cardias oppure una scarsa tenuta dello sfintere esofageo inferiore (anello muscolare che mantiene la chiusura del passaggio stomaco-esofago) e un rilassamento della sua muscolatura, due condizioni che consentono al cibo di compiere il percorso inverso.
In alcuni casi, alla base del reflusso c’è un’ernia iatale, cioè lo spostamento di una piccola parte dello stomaco dall’addome al torace, oppure un’altra malattia, come una malattia del tessuto connettivo.
Talvolta, il problema è dovuto a un aumento della pressione addominale, che può comprimere lo stomaco. Si tratta di un evento comune in gravidanza e nei soggetti con obesità addominale.
Anche determinati farmaci, come gli antinfiammatori non steroidei, hanno un ruolo: possono stimolare la secrezione gastrica e peggiorare il reflusso.
I fattori predisponenti
Alcune abitudini possono favorire o peggiorare la malattia.
Innanzitutto, un ruolo importante è giocato dall’alimentazione. Il reflusso compare soprattutto dopo i pasti, specie se la persona ha consumato cibi grassi e piccanti. Anche cioccolato, caffè e bevande gassate sono dannosi, poiché sono in grado di promuovere la risalita del contenuto dello stomaco.
Pure le posizioni assunte nel corso della giornata hanno un ruolo importante: il reflusso è più comune quando si è coricati (se si sta orizzontali e piegati in avanti).
Altri fattori negativi sono fumo, alcol e uso di abiti o di cinture troppo strette a livello dello stomaco.
Infine, negli individui predisposti, il reflusso può essere causato o peggiorato da un’attività fisica troppo intensa o praticata dopo i pasti.
I sintomi
In alcuni casi, il reflusso gastroesofageo non viene riconosciuto subito perché provoca una serie di disturbi poco caratteristici, come tosse cronica, crisi asmatiche ricorrenti, dolore toracico di interesse non cardiaco, alterazioni della voce. Il soggetto e anche il medico, quindi, possono essere tratti in inganno e pensare ad altre possibili condizioni morbose. Spesso, non trovando il vero “colpevole”, per chiarire la situazione si arriva a chiedere il consulto di vari specialisti, come cardiologi o pneumologi.
* I segnali a volte sono tipici e inconfondibili. Innanzitutto, compare pirosi, ossia un senso di bruciore dietro lo sterno, che può salire anche fino alla bocca. In secondo luogo, sono presenti rigurgito, ossia il ritorno nella gola di materiale proveniente dallo stomaco, e una fastidiosa sensazione di acido in bocca oppure di corpo estraneo in gola. Infine, può esserci una salivazione eccessiva.
Consigli utili
Il trattamento del reflusso gastroesofageo prevede innanzitutto una correzione dello stile di vita. Ecco le indicazioni principali che aiutano a tenere sotto controllo i sintomi.
Non fare due-tre pasti abbondanti perché aumentano la pressione a livello addominale e favoriscono il reflusso. Meglio suddividere l’alimentazione giornaliera in quattro-cinque piccoli pasti.
Mangiare lentamente e masticare bene ogni boccone. Se possibile, non dedicare al pasto meno di 25 minuti, così da favorire il processo digestivo.
Ridurre il consumo di certi cibi che sembrano interferire con il funzionamento del cardias, come menta e cioccolato, e di quelli che creano acidità, come pomodoro, agrumi, spezie, tè, latte.
Limitare gli alimenti ricchi di grassi, che rallentano lo svuotamento gastrico, e le bevande gassate, che distendono lo stomaco, favorendo la malattia.
Dopo i pasti, non compiere movimenti bruschi e improvvisi e non sdraiarsi. Aspettare almeno due-tre ore prima di stendersi, altrimenti si favorisce la risalita del contenuto dello stomaco.
Quando si è a letto cercare di non mettersi in posizione prona (a pancia in giù), per non comprimere lo stomaco.
Non usare cinture o abiti stretti sull’addome, perché possono favorire la risalita del cibo dallo stomaco e compromettere il funzionamento del cardias.
Ridurre il consumo di sigarette.
Svolgere una costante attività fisica, ma mai dopo i pasti. L’ideale è che sia a intensità progressiva (meglio se sotto la supervisione di un esperto). Così si mantiene il peso corporeo sotto controllo e si aumentano il tono della muscolatura addominale e l’efficienza del cardias senza correre rischi.
In presenza di sovrappeso o obesità rivolgersi a un esperto per ottenere un dimagrimento salutare.
Le cure
Se le modifiche dello stile di vita non sono sufficienti e la situazione non migliora, il medico può prescrivere una cura farmacologica.
Non esistono medicinali capaci di agire a livello anatomico, migliorando le condizioni che favoriscono il reflusso gastroesofageo. Ecco perché si usano quasi sempre i principi attivi che riducono la secrezione gastrica, soprattutto gli inibitori della pompa protonica: in questo modo, anche se la risalita del materiale dello stomaco continua ad avvenire, risulta meno irritante per l’esofago e per la gola.
Talvolta, sebbene siano meno efficaci, si impiegano anche i farmaci procinetici, che favoriscono lo svuotamento dello stomaco.
In rarissimi casi, se le cure farmacologiche (che vanno seguite per tutta la vita) non funzionano, si può optare per l’intervento chirurgico, in grado di ripristinare la funzionalità del cardias. Oggi, si può intervenire anche per via laparoscopica, cioè tramite tre-quattro piccole incisioni della parete addominale, attraverso cui si inseriscono gli strumenti operatori e una mini telecamera, che trasmette le immagini del distretto anatomico a un computer (il chirurgo opera seguendo le operazioni sul monitor). In questo caso, i disagi per la persona e l’invasività sono minori, ma la buona riuscita dell’intervento è subordinata all’esperienza del chirurgo.