Ortoressia: quando il cibo diventa un’ossessione
Il controllo eccessivo di ciò che si porta in tavola nasconde un disturbo del comportamento. E invece di portare a mangiare in modo più sano spesso è causa di malnutrizione e isolamento sociale
Vi siete mai chiesti quali insidie possano celarsi nella buccia di una mela o in una tavoletta di cioccolato? Chi soffre di ortoressia lo fa regolarmente, inseguendo un ideale di purezza che diventa sempre più difficile da raggiungere.
Il conteggio delle calorie non è la preoccupazione principale, ma la scelta degli ingredienti e le regole legate alla preparazione del cibo possono diventare il centro di preoccupazioni sempre più pressanti.
Il risultato è spesso un’alimentazione sana solo in apparenza, che può portare a problemi di malnutrizione e alla tendenza a isolarsi pur di non scendere a compromessi.
Se il cibo diventa impuro
Alimentarsi in modo sano e consapevole, ormai lo sappiamo, significa imparare a leggere le etichette e a sviluppare un certo senso critico verso quello che si mette nel carrello. Un conto però è informarsi sui pesticidi o stare attenti alla quantità di zucchero o di sale, o imparare a fare a meno di cibi pronti e precotti, un altro è iniziare a percepire il cibo come una minaccia o un veicolo di contaminazione. Per questo ogni pasto va pianificato con cura e con largo anticipo. Come spiega la psicologa Anna Brytek-Matera, in un articolo pubblicato su Archives of Psychiatry and Psychotherapy, non si tratta solo di rimuginare a lungo su quello che si mangerà durante la giornata o addirittura il giorno successivo. Ogni singolo ingrediente deve essere selezionato e cucinato con spirito ipercritico, diventando fonte di soddisfazione o di angoscia a seconda di quanto si è stati inflessibili nell’attenersi alle regole.
La solitudine del fanatico
Tutta questa rigidità alimentare ha una ricaduta negativa sulle relazioni, spiega Brytek-Matera. Nessun piacere culinario sarà più innocente, tutto dovrà essere vagliato e controllato. Una situazione che può diventare frustrante sia per chi si scontra con l’esasperazione di amici e dolce metà – che rischiano di impazzire ogni volta che si sbilanciano con un invito a cena – sia per chi si impegna seriamente nel trovare un punto di contatto. Anche godersi un pranzo casalingo è fuori discussione a meno di non cedere l’assoluta supervisione della cucina: nessuna proposta sembrerà mai sufficientemente bio, o adeguatamente certificata e tracciata dal germoglio alla tavola. Così non rimane che abituarsi a mangiare da soli, continuando a procedere per sottrazione in una dieta che a furia di eliminare alimenti “sospetti” diventa malsana.
Un disturbo da non sottovalutare
Accorgersi di stare esagerando non è semplice, soprattutto perché si ha l’illusione di stare facendo tutto il possibile per rimanere in salute. Quando però le informazioni a disposizione sono incomplete o superficiali, cullarsi in un falso senso di sicurezza è rischioso. Affidarsi a un nutrizionista è un buon primo passo per contenere i danni accidentali provocati dalle diete fai-da-te, ma non mette al riparo dalle fissazioni. Lasciarsi convincere a reintrodurre cibi contro cui si è intentata una crociata nei mesi precedenti, litigando con chiunque pur di non ritrovarseli nel piatto, può rivelarsi molto difficile. In questo caso, rivolgersi a un terapeuta aiuta a recuperare un rapporto più sereno ed equilibrato con il cibo e con la propria immagine.
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