21/05/2019

Come si svolge una visita psichiatrica?

Dottor Salvatore Di Salvo Pubblicato il 21/05/2019 Aggiornato il 21/05/2019

Lo psichiatra prima di tutto ascolta, perché è nelle parole del paziente che può trovare i primi indizi utili per formulare una diagnosi corretta.

Una domanda di: Marina
Caro dottore,
da un paio di mesi il mio umore è profondamente cambiato. Sono sempre angosciata, senza motivo, e mi sento stanca e priva di energie. Il mio medico di base insiste perché mi faccia visitare da uno psichiatra ma io ho paura. Non so infatti cosa mi aspetta né come si svolge un controllo del genere. Potrebbe spiegarmelo lei, in modo da non andare allo sbaraglio? Grazie se vorra aiutarmi.
Dottor Salvatore Di Salvo
Dottor Salvatore Di Salvo

Cara signora,
il suo timore è più che comprensibile e ha fatto bene a scrivermi visto che a volte qualcuno rinuncia a incontrare uno psichiatra proprio perché ha paura di quello che lo aspetta.
Nel corso della prima visita, lo psichiatra si fa raccontare la storia personale, descrivere i sintomi, l’evoluzione a cui sono andati incontro dalla loro prima comparsa e le influenza che hanno avuto nel lavoro e nella vita di relazione. Lo psichiatra formula la diagnosi sulla base delle informazioni ottenute, delle sue valutazioni cliniche, quindi fornisce le indicazioni terapeutiche.
L’osservazione clinica dimostra che lo stesso prodotto, alla stessa dose, può dare risultati diversi in relazione alla modalità con cui il paziente si pone nei confronti del disturbo, che spesso è influenzata da pregiudizi, da aspettative irrealistiche o dal rifiuto della malattia.
E’ quindi importante che il paziente abbia un atteggiamento corretto nei confronti del disturbo e della terapia: fornirgli tutte le informazioni utili per ottenere la sua collaborazione al trattamento si traduce in una più rapida risoluzione del problema.
Allo scopo, è opportuno sottolineare innanzitutto la natura medica della situazione, fornendo una diagnosi chiara, precisa e certa.
Evidenziare la natura di malattia della depressione è utile sia per arginare i sentimenti di colpa che sempre si accompagnano al disturbo sia per generare la consapevolezza che qualcosa di estraneo, che prescinde dalla volontà, è intervenuto a condizionare la vita.
A quest’ultimo proposito è davvero importante sottolineare che la malattia non è appunto superabile con la forza di volontà, ma richiede un aiuto. Tale informazione serve per contrastare uno dei più diffusi pregiudizi riguardanti la depressione e cioè che, se solo il paziente lo volesse, potrebbe superare la crisi. Ciò non solo è falso, ma anche controproducente in quanto accentua i sensi di colpa già presenti a causa del disturbo depressivo.
Altro aspetto che va discusso è relativo al periodo di assunzione della terapia. Di solito l’atteggiamento del paziente nei confronti degli psicofarmaci è influenzato da molti pregiudizi e l’aspettativa di un effetto miracoloso si alterna al timore di restarne dipendente. Nella realtà clinica la terapia antidepressiva ha di solito una durata di 6-8 mesi: deve, quindi, essere assunta per un periodo limitato.
L’importanza di parlare di ciò con il paziente ha lo scopo di ridurre il timore della dipendenza, dal momento che la sospensione dei farmaci è programmata, e di aumentare la sua collaborazione nella corretta assunzione della terapia.
E’ inoltre opportuno fornire informazioni in merito ai fenomeni collaterali.
Gli antidepressivi oggi usati, in particolare gli SSRI, hanno il vantaggio di avere un elevato grado di tollerabilità con scarsi fenomeni collaterali, di solito inappetenza, nausea, modesta sonnolenza, limitati ai primi 7-8 giorni di terapia.
Spesso informazioni parziali o errate determinano fantasie di gravi effetti collaterali, tali da impedire lo svolgimento delle normali attività giornaliere: al paziente va chiarito che gli antidepressivi lasciano integro il livello della coscienza e consentono di svolgere regolarmente il proprio lavoro.
Durante la prima visita psichiatrica è anche importante segnalare la presenza del cosiddetto “periodo di latenza”. Tra l’inizio dell’assunzione della terapia e il momento in cui il paziente inizia ad avvertire i primi benefici, cioè la riduzione dei sintomi depressivi, intercorre un periodo di tre-quattro settimane. Ciò è conseguente alla complessità del nostro encefalo, che è costituito da oltre 100 miliardi di cellule nervose, ognuna delle quali è collegata alle altre mediante centinaia di sinapsi, dove sono collocati i neurotrasmettitori cerebrali.
L’azione degli antidepressivi si esplica determinando l’aumento della quantità di neurotrasmettitori che le cellule hanno a disposizione: ad un loro aumento corrisponde un innalzamento del tono dell’umore. Il numero molto elevato dei luoghi di azione dei farmaci spiega il motivo del “periodo di latenza”.
Fornire tali informazioni ha lo scopo di evitare lo scoraggiamento conseguente al fatto di non vedere ‘risultati’ immediati.
I primi miglioramenti saranno intorno al 20% rispetto alla condizione iniziale. Si tratterà, quindi, di un miglioramento di entità tale da essere avvertito a livello soggettivo e il giovamento consisterà non solo nella riduzione dei sintomi, ma anche nell’aumento di fiducia nell’efficacia della cura.
E’ anche importante chiarire al paziente che i farmaci, dal momento che agiscono per via biochimica, svolgono la loro azione indipendentemente dalle cause che hanno determinato la crisi depressiva.
E’ inoltre importante fornire rassicurazioni, ove naturalmente ciò corrisponda al vero, circa la lieve entità del disturbo. Di solito il paziente ha la convinzione di soffrire di una forma molto grave, mentre i disturbi d’ansia e quelli del tono dell’umore non rivestono la gravità, ad esempio, dei disturbi dell’area psicotica.
Sarebbe bene anche che dopo la visita il medico assicurasse alla persona la disponibilità telefonica, nel caso in cui dovessero insorgere problemi. Questa opportunità dà sicurezza durante le fasi iniziali della terapia, che sono quelle emotivamente più impegnative.
Si dà infine appuntamento a distanza di 6-8 settimane per la valutazione dei miglioramenti. Questa valutazione si basa sull’osservazione del medico, sul vissuto soggettivo del paziente, su quanto riferito da chi vive con lui e sulla riduzione dell’interferenza dei sintomi nella vita sociale, affettiva e lavorativa.
Va tenuto presente che la percentuale del miglioramento in alcuni pazienti è del 10 per cento, mentre in altri può arrivare anche al 40 per cento rispetto all’inizio della cura.
Da quetso primo controllo dipende la variazione della dose dell’antidepressivo: dalla dose minima prescritta per il primo periodo si sale a un livello medio o pieno.
A seconda delle cause che hanno determinato la crisi depressiva e a seconda della tipologia del paziente, può essere consigliato un trattamento psicologico associato.
Ad esempio, se la causa prevalente del disagio è da ricercarsi nella presenza d’insicurezze personali o nello scarso livello di autostima, viene fornita l’indicazione di psicoterapia individuale.
Il controllo successivo è fissato a distanza di due mesi.
Il secondo controllo, a distanza di circa quattro mesi dall’inizio della cura, ha lo scopo di valutare il raggiungimento degli obiettivi della terapia farmacologica ed è lecito attendersi la scomparsa dei sintomi della serie depressiva ed ansiosa. Viene anche fatta la valutazione dell’andamento del percorso psicologico eventualmente intrapreso. Nel caso di scomparsa dei sintomi, s’inizia a ridurre la dose dei farmaci, fornendo rassicurazioni sul fatto che ciò non determinerà la ripresa dei sintomi.
Si tratta di un timore che, con l’inizio della riduzione, è costantemente presente, ma che va superato: la riduzione è graduale e controllata e comunque, dopo che i farmaci hanno svolto il loro compito, vanno progressivamente sospesi. Si fissa un altro controllo a distanza di due mesi.
Scopo del terzo controllo, dopo circa 6 mesi dall’inizio della terapia, è di valutare che i miglioramenti ottenuti si siano mantenuti stabili e che la prima riduzione della dose non abbia determinato alcuna conseguenza negativa. Verificato ciò, si dà indicazione di un’ulteriore riduzione, passando di solito ad un dosaggio non più terapeutico, ma di mantenimento.
Si fissa quindi un altro controllo a distanza di altri due mesi.
Nell’ultimo controllo si effettua la valutazione della completa regressione dei sintomi e del pieno recupero del benessere psichico e si forniscono al paziente le indicazioni di progressiva ulteriore riduzione della terapia fino alla sospensione. L’ultimo controllo completa quindi le tappe della consulenza psichiatrica. Con cordialità.

Il parere dei nostri specialisti ha uno scopo puramente informativo e non può in nessun caso sostituirsi alla visita specialistica o al rapporto diretto con il medico curante. I nostri specialisti mettono a disposizione le loro conoscenze scientifiche a titolo gratuito, per contribuire alla diffusione di notizie mediche corrette e aggiornate.


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