La pertosse
Viene considerata una malattia infantile, alla stessa stregua di morbillo, varicella, rosolia eccetera. Infatti, interessa prevalentemente bambini sotto i cinque anni, anche se può manifestarsi a qualunque età. Se fino a qualche anno fa si pensava che fosse praticamente scomparsa, ora ci si è ricreduti perché sono negli ultimi mesi sono stati segnalati diversi casi.
Di che cosa si tratta
La pertosse, detta anche tosse canina, è una delle malattie infettive più contagiose che si conoscano, tanto che un bambino malato può contagiare fino al 90 per cento dei coetanei non immuni con cui viene a contatto.
È di origine batterica: è causata dal germe Bordetella pertussis, che non va confuso con il Bordetella parapertussis, che è all’origine di una malattia simile, la parapertosse, che però si manifesta con sintomi più lievi.
A differenza di altre malattie dell’infanzia, non conferisce un’immunità definitiva: questo significa che se un bambino ha avuto la pertosse potrebbe riaverla a distanza di anni.
La modalità di trasmissione
La pertosse si trasmette per via aerea. Probabilmente i bambini si ammalano respirando le goccioline respiratorie emesse dai soggetti malati con un colpo di tosse, uno starnuto, anche solo parlando oppure entrando in contatto diretto con il muco o la saliva infetti. In tutti i casi, il batterio penetra nell’organismo tramite le mucose delle prime vie aeree e prolifera, dando origine alla malattia.
La pertosse è altamente contagiosa, soprattutto nel periodo iniziale, prima della comparsa della tosse parossistica. I bambini non trattati restano contagiosi per tre settimane dopo l’inizio della fase parossistica, mentre quelli in cura con antibiotici per circa cinque giorni dall’inizio della terapia.
Come si manifesta
La malattia ha un periodo di incubazione di circa 10 giorni, al termine del quale si manifesta con la cosiddetta “fase catarrale”, che dura da una a due settimane, ed è caratterizzata da manifestazioni abbastanza blande e comuni. Quali? Poche linee di febbre, raucedine, tosse lieve e abbondanti secrezioni nasali.
Successivamente la tosse diventa parossistica, ossia molto intensa e incontrollabile, tanto che si associa a difficoltà respiratorie, cianosi e vomito. Questa fase, detta proprio parossistica o convulsiva, può durare anche due mesi se non si inizia una cura.
Le possibili complicanze
La pertosse non è affatto scevra da complicanze, specialmente nei bambini. Infatti, può associarsi a sovrainfezioni batteriche, che possono portare a otiti, polmoniti, bronchiti e addirittura ad affezioni neurologiche (crisi convulsive, encefaliti).
I colpi di tosse possono anche provocare delle emorragie sottocongiuntivali e nel naso.
Nei neonati e nei bambini al di sotto di un anno, la pertosse può essere molto grave e talvolta mortale.
Le cure
Le cure si basano sul ricorso agli antibiotici, spesso l’eritromicina. Quando la terapia farmacologica inizia prima della fase parossistica riduce il tempo di contagiosità e la durata della malattia.
Tuttavia, gli antibiotici non sempre sono in grado di migliorare i sintomi. Ecco perché può essere utile associare agli antibiotici anche farmaci sintomatici contro la tosse, come antitussivi, sedativi, antispasmodici.
Il vaccino
Il modo più efficace per scongiurare i rischi legati alla pertosse è ricorrere al vaccino.
Oggi si usa soprattutto il DTPa trivalente, che protegge da difterite, tetano e pertosse; fa parte del vaccino esavalente che racchiude in un’unica siringa quattro vaccini diversi: il DTPa appunto, l’anti-polio, l’anti-epatite virale B e l’anti-Hib (Haemophilus influentiae di tipo b).
Il vaccino esavalente, e dunque anche il DTPa, prevede tre dosi: al 3°, al 5° e all’11°-13° mese.
Si raccomanda una dose di richiamo ai sei anni e un’altra ai 14 anni. Per quest’ultima bisogna utilizzare il vaccino acellulare per adulti, il Tdap (in cui le componenti inattivate per la difterite e la pertosse sono presenti in forma ridotta). Per conservare una buona immunità, si possono programmare ulteriori richiami a cadenza decennale.