16/10/2017

La trombosi

Il termine trombosi viene utilizzato per indicare una rottura del delicato equilibrio fra fluidità e densità del sangue. Infatti, accumulo di liquidi, vene varicose e flebite sono tutte condizioni che, se non curate in modo adeguato e soprattutto se non considerate per ciò che sono, ossia un campanello di allarme di uno scorretto scorrimento del sangue nelle vene, possono sfociare nella formazione di coaguli che a loro volta possono causare conseguenze importanti.

Il risultato è che il sangue coagula in un punto e in un momento in cui non avrebbe dovuto farlo, formando un trombo, che blocca o rallenta la circolazione.

I trombi possono formarsi sia nelle arterie sia nelle vene. Nel secondo caso la sofferenza deriva dal fatto che il deflusso di sangue non è più efficace, per cui le cellule colpite non sono più in grado di smaltire anidride carbonica e tossine e non riescono così a “depurarsi”.

La trombosi venosa può comparire in qualsiasi distretto dell’organismo. Se colpisce le vene del circolo superficiale delle braccia o delle gambe viene definita trombosi venosa superficiale (Tvs) o tromboflebite, mentre se riguarda le vene profonde del circolo profondo di braccia e gambe è detta trombosi venosa profonda (Tvp).

Se interessa altri organi viene definita con il nome dell’organo colpito: trombosi retinica (della retina), cerebrale, splenica (della milza), renale, intestinale e così via. La più frequente trombosi venosa comunque è quella che colpisce le vene delle gambe.

Da che cosa dipende

La trombosi deriva dagli stessi fattori alla base della ritenzione idrica e delle vene varicose, che non di rado sono presenti in associazione.

Un ruolo importante è giocato dallo stile di vita: il fumo di sigaretta, la sedentarietà, l’uso della pillola anticoncezionale, l’esposizione allo stress, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, l’alimentazione scorretta, il sovrappeso, infatti, sono tutti elementi di rischio.

All’origine possono esserci anche elementi non modificabili, come l’età, la gravidanza, un’ingessatura, l’immobilità per lunghi periodi, un recente intervento chirurgico, soprattutto ortopedico o addominale, un lungo viaggio in aereo.

Infine, a causare la formazione di trombi possono essere altre malattie o problematiche, tipo l’ipertensione, un livello eccessivo protratto nel tempo di colesterolo nel sangue, il diabete, malattie infiammatorie, alterazioni delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione, un tumore.

Più a rischio le mamme

Le donne in gravidanza hanno un rischio molto elevato di sviluppare trombosi. Per quali ragioni? Perché presentano fattori di rischio importanti: i cambiamenti ormonali, l’aumento di volume dell’utero e dell’addome e il conseguente rallentamento della circolazione di ritorno al cuore, l’eventuale prolungata permanenza a letto, la perdita di elasticità delle pareti delle vene.

Anche il parto costituisce un momento critico: il contatto fra le sostanze liberate dalla placenta e il sangue, l’aumento delle pressioni nell’addome e il disordine nella circolazione sanguigna creato dal travaglio possono favorire la formazione di trombi.

Le probabilità di trombosi rimangono elevate per tutto il puerperio (i quaranta giorni dopo il parto), in particolare se il parto è avvenuto con taglio cesareo.

Per questo, gli esperti consigliano a tutte le donne in attesa e alle neomamme di indossare le calze elastiche, che favoriscono la circolazione e riducono il rischio di trombosi.

Come si manifesta

In genere, la trombosi venosa delle gambe comincia nelle vene interne del polpaccio o del piede e si estende poi a quelle della coscia fino all’inguine e oltre.

Il sintomo principale è costituito dal gonfiore: il trombo, infatti, provoca un aumento della pressione del sangue a monte del punto in cui si è formato e questo, a sua volta, provoca la fuoriuscita di liquido che si manifesta appunto con la comparsa dell’edema.

Non di rado, la zona colpita diventa anche calda e dolente e si arrossa. Nella trombosi superficiale compare spesso un cordone rosso duro e dolente lungo il decorso di una vena.

È bene sapere però che non sempre la malattia si manifesta in maniera caratteristica. A volte possono comparire segnali più sfumati, come un leggero gonfiore, un dolore appena accennato e/o una lieve differenza di circonferenza tra una gamba e l’altra. Per questo è essenziale non trascurare nemmeno i disturbi banali e soprattutto conoscere il proprio corpo, i propri fattori di rischio e la storia della propria famiglia (così da sapere in anticipo se si hanno probabilità elevate di ammalarsi).

Può evolvere in embolia

La trombosi venosa non va sottovalutata perché, se non si interviene, il trombo può spostarsi verso il cuore, occupando spazi sempre più grandi e provocando sintomi più gravi.

Inoltre, un episodio di trombosi venosa trascurato può trasformarsi in un fattore di rischio per nuovi eventi trombotici. E una trombosi venosa recidivante può causare una sindrome post flebitica: distrugge cioè il sistema delle valvole contenute nelle vene, compromettendone l’elasticità e provocando la comparsa di vene varicose o di ulcere.

Infine, una trombosi venosa non curata può causare un’embolia polmonare. In pratica, una parte del coagulo formatosi nella vena può staccarsi e liberare degli emboli che, attraverso la circolazione sanguigna, raggiungono il cuore e da qui il polmone. Questi emboli possono provocare un infarto polmonare, ossia la morte di una porzione del polmone, con importanti conseguenze respiratorie, talvolta anche fatali.

Le cure

Nella maggior parte dei casi, la cura della trombosi venosa si basa sul ricorso a farmaci anticoagulanti, che diminuiscono la capacità del sangue di coagulare e lo rendono più “fluido”.

Oggi, in commercio, si trovano molte molecole: tutte, pur con meccanismi d’azione specifici, rendono il sangue meno coagulabile, ma non troppo, per evitare che si formino emorragie. Spetta al medico decidere quale impiegare per il singolo caso.

Ovviamente nel caso in cui la trombosi derivi da altre malattie, se possibile, bisogna curare anche queste ultime. Se necessario, occorre anche modificare lo stile di vita.

– Per le situazioni più serie

In presenza di una trombosi venosa profonda è necessario intervenire rapidamente, per bloccare l’ingrossamento del trombo e l’eventuale embolo.

Per prima cosa si ricorre a una terapia anticoagulante somministrata sottocute o per via endovenosa, in grado di bloccare immediatamente l’attività del coagulo di sangue. Nella maggior parte dei casi, si somministra eparina a basso peso molecolare sottocute, che agisce nel giro di poche ore, scongiurando il peggio. In genere, questa cura va continuata per almeno cinque giorni.

La cura immediata si associa a una che poi proseguirà a lungo termine, orale, che consiste nell’uso degli antagonisti della vitamina K. Questi medicinali inibiscono la sintesi di alcune proteine responsabili della coagulazione del sangue, che necessitano proprio della vitamina K per essere prodotte.
Da qualche tempo è disponibile una nuova cura per questa malattia. Si tratta del rivaroxaban, una molecola che agisce direttamente sul fattore della coagulazione, bloccandolo. Il farmaco, che si trova sotto forma di compresse orali, agisce in tempi rapidi, nel giro di poche ore al massimo. Ecco perché può essere utilizzato come unica cura per il trattamento della trombosi venosa profonda, sia nell’immediato sia a lungo termine.

Una volta in cura con farmaci antitrombotici bisogna ricordarsi di avvertire il medico prima di interventi chirurgici o odontoiatrici e ridurre al minimo gli antinfiammatori per evitare un’accentuazione della fluidificazione del sangue.

La prevenzione

Per diminuire il rischio di trombosi bisogna osservare le stesse regole indicate per la ritenzione idrica, le varici e la flebite (che sono essenziali anche a livello curativo). Quindi, in sintesi, occorre:

– smettere di fumare o quantomeno ridurre il numero di sigarette;

– evitare di ingrassare e trattare un eventuale sovrappeso;

– svolgere una costante e sufficiente attività fisica;

– controllare i valori di pressione, colesterolo, trigliceridi, glicemia e diabete.