HPV: tutto quello che devi sapere sul vaccino
C’è ancora troppa disinformazione attorno al papilloma virus, responsabile ogni anno di 2.500 nuovi diagnosi di tumore al collo dell’utero. Obiettivo: vaccinare il 95 per cento ragazze e ragazzi di 12 anni e sottoporsi agli screening
Il 66 per cento dei ragazzi non è vaccinato contro il papillomavirus (HPV) e il 20,5 per cento di loro non ha intenzione di farlo. Sono questi i dati portati alla luce da una recente indagine di Fondazione Veronesi e AstraRicerche, ben lontani dall’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità: eliminare il tumore alla cervice uterina scatenato dall’HPV entro il 2030 grazie alla vaccinazione. Per questo, Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), con il supporto di SItI (Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica) ha rivolto un appello alle istituzioni per procedere con campagne sanitarie mirate.
Solo nel Belpaese, ogni anno si registrano 2.500 nuovi casi di cancro al collo dell’utero indotto da HPV, pari all’1,3 per cento di tutti i tumori femminili (a cinque anni dalla diagnosi la sopravvivenza è circa del 68 per cento).
Identikit del papilloma virus
«Si tratta di un virus che provoca un’infezione trasmissibile sessualmente, ad oggi la più diffusa», spiega la dottoressa Silvia Bonetti, ginecologa dell’unità operativa di ginecologia all’Istituto Clinico Città di Brescia. Questa infezione è asintomatica e nella maggior parte dei casi il nostro sistema immunitario è in grado di liberarsene con le proprie forze. Purtroppo, in alcune persone il virus può rimanere presente e nel tempo danneggiare le cellule sviluppando una displasia, cioè una lesione pre-cancerosi che potrebbe evolvere in cancro. Oltre al collo dell’utero – la zona anatomica più colpita – l’HPV può interessare vagina, vulva, pene, ano, area orofaringea.
Giocare d’anticipo
Ci sono due forme di prevenzione essenziali: la copertura vaccinale che per essere efficace dovrebbe essere pari al 95 per cento di maschi e femmine al 12esimo anno di età e gli screening, da eseguire con regolarità per le donne, giovani e meno giovani.
Il vaccino. «In Italia è stato proposto per la prima volta nel 2008 ed è offerto con diversi regimi di gratuità che variano da regione a regione a ragazze e ragazzi dai 12 ai 26 anni», precisa la specialista. Per le fasce di età successive è in vigore un regime di co-pagamento. Nonostante l’impegno, c’è ancora troppa disinformazione, soprattutto tra i maschi, che spesso non sono consapevoli di potere contagiare (perché possono essere portatori sani del virus) e di potere essere contagiati.
La diagnosi precoce. La parola d’ordine è intercettare l’infezione nelle situazioni dove è persistente: un fattore da non sottovalutare visto che persino la pre-cancerosi è una condizione che non dà sintomi. «In tutte le regioni è disponibile gratuitamente l’HPV test per le donne dai 30 ai 64 anni, da fare ogni cinque anni, perché dal contagio a un eventuale sviluppo si pre-cancerosi severa i tempi sono lunghi. Sono i programmi di screening regionali a inviare una lettera con giorno e ora dell’appuntamento. Se questo test rileva la presenza del virus, si procede con il pap test, un esame citologico per analizzare le cellule modificate dal papilloma virus. Confermata la diagnosi si procede con la colposcopia che valuta e inquadra il livello della lesione (eventualmente con biopsia), che talvolta deve essere trattata con terapie specifiche e analizzata con esame istologico. Al di sotto dei 30 anni è ancora raccomandato solo il pap test ogni tre anni, perché il sistema immunitario delle più giovani nella maggior parte dei casi funziona a pieno regime ed è in grado di debellare da solo questo virus. In base alla propria storia clinica e in accordo con il ginecologo è possibile continuare lo screening anche dopo i 64 anni.
Un rischio maggiore
«Ci sono poi fattori di rischio e abitudini di vita che posso predisporre di più alla possibilità di manifestare una lesione pre-cancerosa e successivamente il tumore, tra queste il fumo, avere avuto il primo rapporto in età precoce e avere avuto molti partner», conclude la specialista.
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