06/12/2023

Prima della Scala 2023: il Don Carlo di Verdi mostra la solitudine del potere

Emanuela Bruno
A cura di Emanuela Bruno
Pubblicato il 06/12/2023 Aggiornato il 06/12/2023

Quella scelta per l’inaugurazione del 7 dicembre è un’opera che parla di assolutismo, ragion di stato, sopraffazione, ma anche di amore e di amicizia, fra scene corali di grande potenza e momenti più intimi e raccolti

Prima Scala 2023 - Don Carlo

Quest’anno, nel palco reale, mancherà il presidente della repubblica Sergio Mattarella, cui il pubblico del Teatro alla Scala tributa ogni anno applausi lunghi e affettuosi, ma la Prima del 7 dicembre si preannuncia come sempre un appuntamento irrinunciabile per gli amanti della musica e del bel canto e per gli appassionati di mondanità. È il Don Carlo di Giuseppe Verdi l’opera con cui si apre la stagione, definita dal Sovrintendente Dominique Meyer “una delle più grandi del repertorio mondiale” e dal maestro Riccardo Chailly, che sarà sul podio a dirigerla, “modernissima per il contenuto e di grande difficoltà interpretativa e vocale per gli artisti”.

La vicenda è ambientata nella Spagna del XVI secolo del sovrano Filippo II, che incarna la ragion di stato, inconciliabile sia con le inclinazioni personali che con l’aspirazione dei popoli alla libertà.

Padri e figli

La trama vede contrapposti Filippo II e il figlio, Don Carlo: in amore (perché Carlo ama ed è amato da Elisabetta di Valois, che però deve accettare di sposare Filippo) e in politica (perché il giovane sostiene la sollevazione delle Fiandre, regione vessata dalle persecuzioni e dall’assolutismo della corona spagnola). Intorno a loro si muovono personaggi come Rodrigo, marchese di Posa e amico fedele di Carlo, la principessa d’Eboli, innamorata del giovane e folle di gelosia per il suo disinteresse, e il Grande Inquisitore, che impone al sovrano di soffocare qualunque manifestazione di opposizione o di infedeltà, anche a costo di condannare il suo stesso figlio. Il regista, Lluís Pasqual, ci spiega «Ho portato nell’opera tutti i temi cari a Verdi: l’amore, l’amicizia, il popolo sottomesso, il canto per la libertà, il rapporto padre-figlio. Oggi siamo abituati ai social, che ci permettono di vedere il re o il presidente della repubblica quasi in mutande, ma anche Verdi a modo suo ci mostra il dietro alle quinte del potere: guardiamo infatti i personaggi non nel ruolo ufficiale ma nella loro veste umana e sono tutti molto fragili, con una grande solitudine».

Un super cast

Il cast è di grande prestigio e ognuno degli artisti anticipa un commento sullo spettacolo. Il basso Michele Pertusi (Filippo) sottolinea che «il messaggio è la solitudine del potere. L’autorità religiosa del Grande Inquisitore vince su quella temporale e il sovrano deve piegarsi, in uno scontro per lui amaro». Don Carlo è interpretato dal tenore Francesco Meli, che anticipa: «Ho un personaggio che non è un eroe, non facile, variegato, preda delle emozioni, con cambi di umore che alternano momenti di vigore e di ira a momenti di sconforto». Poi ci sono quelle che il maestro Chailly definisce “la leonessa e la tigre”: il soprano Anna Netrebko (Elisabetta) e il mezzosoprano Elina Garanča (Eboli). La prima rivela solo la difficoltà di trasmettere con i giusti colori la solitudine e la tristezza che la regina vive nel suo profondo, la seconda evidenzia la forza di Eboli, «che sa sopravvivere in un mondo patriarcale».

Come nei ritratti del Prado

Per gli amanti del colpo d’occhio, le scenografie ricercate sono di Daniel Bianco e l’effetto storico dei costumi è di una maestra come Franca Squarciapino. Il regista racconta di avere pensato a una modernizzazione, ma «vedo con difficoltà un Don Carlo con i protagonisti in giacca e cravatta: nell’immaginario collettivo Filippo II e il figlio sono come nei loro ritratti del museo del Prado». E il baritono Luca Salsi (Posa) applaude la scelta di Pasqual di restare nel solco della tradizione, ma con una recitazione moderna.

Dove vederla

Come ogni anno, la serata inaugurale della stagione viene trasmessa da Rai Cultura  in diretta tv su Rai1 e radiofonica su Radio3. Dopo una settimana di incontri, rassegne, conferenze e momenti di preparazione e di approfondimento sull’opera, il Comune di Milano conferma anche l’iniziativa della “Prima diffusa”, che parte dall’idea di portare l’appuntamento teatrale più importante dell’anno a tutta la città, anche nei luoghi meno scontati: 35 proiezioni di alta qualità arrivano infatti in diretta in tutti i quartieri, coinvolgendo 10.000 persone, e toccano carceri, scuole, centri di incontro, auditorium e teatri dislocati in ogni zona.